
Il movimento femminile italiano come movimento organizzato sorge verso la fine dell’800 e subito si articola su « tre linee di tendenza che continueranno ad essere presenti, anche se con un peso differente, fino ai giorni nostri » : un filone femminista di area socialista che si batte per « il riconoscimento dei diritti delle donne lavoratrici », un filone liberale moderato e un filone di area cattolica caratterizzato « dalla ricerca di una nuova presenza religiosa femminile, anche attraverso la difesa sindacale delle operaie e una seria riflessione sui problemi della educazione femminile ».
La prima guerra mondiale, con la massiccia sostituzione degli uomini da parte delle donne nei diversi settori produttivi, contribuisce ad accelerare il processo di maturazione delle rivendicazioni femministe.
La parentesi fascista tuttavia segna « per il movimento femminile un periodo di grave arretramento giuridico, economico e culturale ».
Il protagonismo femminile trova una sua determinante presenza nell’ambito della Resistenza. Nel 1945 il diritto di voto viene finalmente accordato alle donne.
Durante i decenni repubblicani il femminismo italiano, attraverso le sue numerose lotte e battaglie riesce a portare la legislazione italiana a livelli di avanguardia (per es. con la riforma del 1975 del Diritto di famiglia che instaura la parità tra i coniugi e la legge del 1977 per la parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro).
Il neofemminismo che si affaccia a partire degli anni ‘60 nella società consumistica americana si diffonde nel mondo a partire del ‘68 quando cade precisamente « il mito della facile conciliazione fra il ruolo tradizionale e i compiti nuovi della donna e la speranza di un graduale e indolore cammino verso l’uguaglianza ».
La rivendicazione neofemminista caratterizzata dalla sua « attenzione privilegiata al problema sessuale rispetto ai problemi più specificamente giuridici o economici » se da un lato segna un modo nuovo di considerare il rapporto uomo-donna (liberalizzazione sessuale) e l’approccio del proprio corpo (liberalizzazione dell’aborto) da un altro lato porta — proprio per questa intensa caratterizzazione — ad un rischio di « profonda contraddizione e debolezza ».
Perciò potrebbe essere utile in questo periodo di « restaurazione » — e questo è l’auspicio delle autrici — « tornare a porre l’accento su due pilastri storici della domanda delle donne, quelli della pari responsabilità » sia a livello della « organizzazione della vita quotidiana » sia a quello della « partecipazione alle decisioni, al governo dell’economia e delle istituzioni ».
Dopo questo profilo storico un’antologia riunisce i testi e i documenti significativi attinenti alla « questione femminile ».
Vengono così presentate le voci, le idee, le posizioni (da Engels a Simone de Beauvoir e Levi-Strauss, da J.S. Mill a Evelyne Sullerot, da J.J. Rousseau, Pestalozzi e Ibsen a Betty Friedan) espresse nel quadro delle lotte per l’emancipazione delle donne (diritto di voto, diritto al lavoro, accesso a tutte le carriere, parità di trattamento, ecc.).
Una nutrita bibliografia e un quadro cronologico comparato degli eventi della storia femminile e dei principali avvenimenti politici, economici e culturali dalla metà del ‘700 ai nostri giorni chiude l’interessante volume.
Sebbene lo spazio relativamente limitato dell’opera non abbia consentito di sviluppare in maniera più approfondita alcune tematiche il libro di Paola Gaiotti e Cecilia Dau si rivela senz’altro un utile strumento didattico messo a disposizione degli insegnanti e degli alunni.
« La Questione Femminile » di Paola Gaiotti De Biase e Cecilia Dau Novelli ; Edizioni Le Monnier (Firenze) ; lire 6000.
Taintignies 16/02/1983
Illustration : Cortège féministe (années ‘70, Italie)
Publié in : « Sole d’Italia », 2/04/1983, nn. 1811-1812, « Un tema scottante che investe l’intera società_”La questione femminile” »